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Intervista su UnfoldingRoma

UnfoldingRoma incontra Christian Muela, giovane musicista italiano classe '84 che con il suo didjeridoo sta riscuotendo successo in tutto il territorio nazionale. Tra collaborazioni rilevanti e progetti notevoli ci ha rilasciato un'intervista nello splendido music-store Blutopia di Pigneto.

 

Christian, prima di iniziare vorrei complimentarmi per la tua professionalità.

Grazie mille!

Com’è cominciata la passione per il didjeridoo?

La passione è cominciata più di 10 anni fa, precisamente il 27 Dicembre del 2003 intorno alle 18, sono famoso per la memoria a lungo termine. È cominciata quando mi hanno regalato questo strumento, il didjeridoo; prima ero legato molto alla scultura ed è stato il primo passo al mondo della musica. Ho iniziato così a conoscere il mio suono, la mia voce, scoprendo delle cose che erano sempre state lì ma che non avevo mai approfondito.

Cosa si prova nel suonarlo?

Ma, io credo sia molto soggettivo quello che si prova. Con gli strumenti a fiato si crea un rapporto molto intimo simile a quello che si crea con la voce. Se ti piace il suono della tua voce provi piacevolezza nel sentirlo, da guastare con tutti i cinque sensi.

Qual è la grande difficoltà tecnica nel suonare il didjeridoo?

Le difficoltà tecniche sono molto legate alle difficoltà culturali, cioè come ci si è educati ad ascoltare la propria voce. Ad esempio ho notato, insegnando nei vari corsi e laboratori, che la respirazione circolare sia una cosa che si può imparare in due giorni o addirittura in mesi, non c'è una tempistica. Questo perché c'è la presenza di blocchi "mentali" innati non collegati alle capacità tecniche. Molte volte capita che questo tipo di respirazione venga appresa in modo involontario, ci si distrae un secondo e questa sorta di blocco svanisce. Un pò come i primi suoni, da piccoli possiamo riprodurre una gamma di suoni molto più vasta che con il passare si riduce mantenendo solo quelli più utili alla "sopravvivenza", ecco, quando si fa la respirazione circolare bisogna lavorare sui noi stessi per tornare a quello stato iniziale. Tornare indietro per andare avanti.

Quali sono stati, se ci sono, gli artisti che ti hanno "introdotto" a questo genere di musica?

Inizialmente c'è stato un musicista che è stato il primo a regalarmi il didjeridoo in bamboo, lui si chiama Nicolò Melocchi.Successivamente ho incontrato un altro musicista a Bergamo, perché anni fa vivevo a Bergamo, che veniva chiamato il Popi. Lui aveva un bagaglio di conoscenze legate allo strumento molto ampie oltre ad avere molti contatti con altri musicisti noti nella prima fase di diffusione del didjeridoo nella musica contemporanea, come Ash Dargan e David Hudson. Oggi quella con Mauro Tiberi è sicuramente una collaborazione importante e formativa, mi aiuta ad ascoltare la mia voce e il mio suono.

Cosa ti resta delle grandi collaborazioni?

Quando ti rapporti con un'altra persona hai la consapevolezza di come il tuo suono può interagire con il suono di un altro. È un pò come dialogare e relazionarsi, c'è uno scambio di energie. Sicuramente è questo che ti rimane, una consapevolezza maggiore del tuo suono.

C’è in Italia la giusta ‘cultura’ per questo strumento?

Collegandomi alle domande precedenti, posso dirti che sto portando avanti altre collaborazioni per far conoscere questo strumento in Italia rendendolo il più possibile meno di nicchia.Con Gianni Placido e con l'associazione Didjeridooing di Bologna abbiamo portato avanti alcune iniziative tra cui un seminario chiamato Il luogo della Vibrazione per dare alle persone che partecipavano due percezioni differenti legate allo stesso strumento. D'altra parte è più facile vedere un didjeridoo in strada piuttosto che un oboe.

Che momento vive al nostro tempo la musica? Cosa ne pensi della musica italiana?

Credo che a livello musicale oggi ci siano due filoni, uno conservatore ed uno che cerca di andare avanti. Il primo, non per dargli un'accezione negativa, è molto legato al cercare di mantenere una sorta di casta in piedi. Ci sono operatori e produttori e festival che cercano di promuovere un'ambiente già confezionato e che già sanno come promuovere, puramente imprenditoriale e dove non c'è nulla di nuovo. Per il secondo invece ci sono musicisti capaci e attenti che lavorano anche sull'improvvisazione radicale, mettendosi in proprio e producendo qualcosa di diverso, manifestando la loro necessità di manifestare.

Quanto è importante proporre un nuovo tipo di musica in Italia in questo momento?

A prescindere da dove ti trovi, penso sia importante per la crescita umana. È una necessità entrare in contatto con altre culture ed attraverso la musica si sperimentano queste relazioni, questi approcci. Questo non si identifica con un genere musicale preciso, fare musica è strettamente collegata alla cultura. La cultura non è un optional ma è quella cosa che nel tempo forma la tua identità e che ti permette di capire chi sei, cosa fai e con chi ti stai rapportando.Penso che oggi sia importantissimo lavorare nella ricerca musicale, in quella artistica ed in qualsiasi altra forma di ricerca.

Ci parli del tuo canale radio per la divulgazione in Italia di questo strumento "didjerito"?

Il nome è un gioco di parole, a me piacciono molto i giochi di parole, in questo caso è relativo a qualcosa che mastichi e che stai iniziando ad assimilare ma può anche essere il rituale del didjeridoo nel quale si inizia a condividere questo strumento. Nasce due anni fa dall'idea di mettere in rete diversi artisti italiani ed internazionali. È un contenitore di musicisti che cerca di creare connessioni tra i singoli cercando di far capire chi sono i promotori di questo strumento e perché il didjeridoo sta diventando sempre più diffuso. All'inizio c'era una collaborazione con una web radio romana, poi l'ho voluto trasformare in un format con interviste e con un lavoro di pre-produzione esiguo caricando poi il podcast sul canale mixcloud.com/didjerito.

Ci parli dei corsi che organizzi?

Nei corsi cerco di non imporre la mia professionalità ma cerco di mettere a disposizione degli strumenti che facciano capire se c'è un'interesse per questo strumento e per permettere ai corsisti di essere inseriti in un contesto musicale non solo legato al didjeridoo. Le lezioni e i corsi sono un modo per avvicinarsi a questo strumento ma sopratutto per crescere spiritualmente. Capire se stessi, la propria voce e capire come rapportarsi con gli altri.Attualmente sto facendo corsi al Mana Beautyroom, un centro benessere che si trova a Furio Camillo e all'Associazione culturale Form di Ciampino. Fino a poco tempo fa anche qui a Blutopia, uno degli ultimi templi della musica a Roma, un posto dove star sereno e respirare musica.

Prossimi impegni e progetti personali che stai portando avanti?

Sono molti i progetti che sto portando avanti: uno è con il batterista Ivan Macera ed il progetto si chiama Primitive Field, un altro progetto è Ohm Sweet Ohm con la pubblicazione del disco Out Ohm con la voce solista di Veronica Emer, che ahimè per problemi personali si è dovuta allontanare dal progetto e colgo l'occasione per dirvi che sto cercando una cantante che la sostituisca. Un altro progetto è Do you YOGAdoo, ormai sono due anni che insieme a Benedetta Parroni portiamo avanti degli incontri di Yoga e musica suonata con il didjeridoo, accompagnando questa pratica e contemporaneamente ricevere delle suggestioni di quello che succede.Per i prossimi impegni ho un progetto segretissimo che strizza l'occhio alla musica tecno, ma non posso dire altro.

Ricordaci i tuoi contatti

Il mio sito internet è www.christianmuela.it, poi per chi volesse segnalare i propri o altri eventi legati al didjeridoo c'è www.didjeventi.it, per quanto riguarda altre attività sono presente su facebook con il nome Christian Muela sia per la pagina personale sia per il profilo privato.

Ci sono diversi modi per contattarmi!

Stefano Sbrulli

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